Secondo una recente indagine di PageFair (The state of the blocked web), condotta su scala mondiale, il 17% degli utenti web italiani che navigano da desktop blocca la pubblicità sul proprio browser usando un adblock software. Per quanto riguarda i dispositivi mobili, gli Italiani che lì bloccano gli annunci pubblicitari sono l’1%. Noi Italiani siamo sopra la media mondiale nell’uso degli ad blocker.
Insomma: sempre più persone, in tutto il pianeta, installano sui loro dispositivi desktop e mobili dei programmi che bloccano la pubblicità. A livello globale, lo studio indica che, a dicembre 2016, erano 380 milioni i device mobili con un adblock. Erano invece 236 milioni i dispositivi desktop con installato un blocco di questo tipo. I dati sono in crescita del 30% di anno con anno, interessando l’11% degli internauti mondiali.
Vi invito a leggere per intero la ricerca, perché è zeppa di dati statistici interessanti. Qui ne riepilogo velocemente qualcuno:
- Gli sforzi dei publisher di contrastare il fenomeno sono inefficaci: il 74% degli utenti web intervistati dice che abbandona i siti che gli nascondono i contenuti (questi sistemi si chiamano adblock walls) finché non si decidono a disabilitare gli ad blocker.
- Come scoprono gli ad blocker gli internauti? Nel 37% dei casi è il passaparola tra amici, familiari, colleghi. Nel 28% dei casi li scoprono navigando su Internet sui siti di news.
- Perché gli utenti web scaricano sul proprio device un software che blocca l’advertising? Nel 30% dei casi lo fanno per motivi di sicurezza, cioè per non scaricare qualcosa di pericoloso sul device. Il 29% usa un ad block perché odia le pubblicità intrusive. Il 16% perché vuole velocizzare la propria navigazione (che è rallentata dal download delle pubblicità). Il 14% perché ritiene che sui siti ci siano troppe advertising e ne è disturbato. Il 6% per ragioni di privacy durante la propria navigazione.
La progressiva crescita dei software per l’ad blocking è una sfida seria per chi lavora nel settore del digital media. Detta in parole povere: la gente s’è rotta le scatole della pubblicità online di tipo interruttivo. Non ne può proprio più. La gente naviga per leggere contenuti di qualità e non per sorbirsi la pubblicità.
Come possono gli editori uscire da questa situazione senza rompersi le ossa? La ricetta è obbligata e non prevede scorciatoie: devono creare contenuti di valore per la propria nicchia, scordandosi definitivamente l’interruptive marketing.
Tra l’altro, non si tratta nemmeno di una ricetta nuova. In effetti, sono anni che Google ci dice che premia i contenuti di qualità, invitando tutti a creare un sito web o un blog aziendale con l’intento di essere realmente utili al proprio target, evitando di mettere online progetti che abbiano come unico scopo quello di raccogliere views a cui mostrare quintali di advertising. Per la serie: nessun buon posizionamento nelle SERP di Google a chi vuole fare il furbo.
E tu, che cosa ne pensi di questi dati statistici sui software di adblock? Anche tu ne hai installato uno sul tuo browser? Perché? Sei invece un’azienda e hai notato un forte calo di traffico web riconducibile proprio agli ad blocker? Lascia un commento qui sotto per dire la tua!
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Questo post su come si sta espandendo a macchi d’olio l’uso degli adblock sui browser degli utenti web di tutto il mondo è stato scritto da Alessandro Scuratti, content specialist e business blogger.
Da più di 20 anni mi occupo di comunicazione per le aziende, come business writer e come content marketer. Dal 2011, gestisco questo mio blog personale, che raccoglie migliaia di visite al giorno. Sono l’autore del libro Scrivere per il web 2.0.
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