Intervista a Silvia Sacchetti, content creator

Silvia Sacchetti content creatorIl luogo comune vuole che una laurea umanistica sia poco spendibile nell’attuale mercato del lavoro. I fatti spesso smentiscono questa visione miope della realtà. Lo dimostra anche la storia di Silvia Sacchetti, una brillante ragazza bolognese, laureata in Filosofia e in Semiotica.

Silvia testimonia che l’avere una preparazione umanistica rappresenta un valore aggiunto. E che questo valore aggiunto può esprimersi in maniera naturale soprattutto nelle professioni legate alla comunicazione sul web.
In effetti, come vedremo nel corso della chiacchierata che vi propongo, è evidente che la formazione accademica di questa ragazza le abbia consentito di maturare una sensibilità particolare, che si traduce in un approccio originale ed efficace alla gestione dei social network e alla comunicazione online.

Ma andiamo con ordine. Cedo subito la parola a Silvia, affinché ci racconti lei stessa la sua storia e ci mostri come i suoi studi umanistici siano stati un trampolino di lancio verso le sfide sul web che ogni giorno affronta per lavoro.

Ciao Silvia, e grazie della tua disponibilità. Ti va di cominciare questa nostra chiacchierata raccontandoci qualcosa di te? Per esempio, qual è la tua formazione?
Ciao Alessandro, grazie a te per questa intervista e per la tua gentilezza. Io nasco grafomane. Con questo intendo dire che a sette anni ho cominciato a scrivere il mio primo diario autobiografico. Non saltavo un giorno. Scrivevo di cose banali, ma a quell’età tutto per me era un’epifania.
Scrivere è diventato poi una “misura di igiene”. Citando ancora Italo Svevo, io non so pensare senza penna in mano. La punta della penna sul foglio fa da rubinetto delle mie idee. Ho passato più tempo a scrivere che ad uscire con gli amici. Venivo addirittura sgridata da mia madre. In quarta superiore ho vinto il premio di scrittura del mio liceo, attraverso un saggio breve, in una gara che aveva come concorrenti tutte le classi terze, quarte e quinte.
A quindici anni, la mia vita si è rivoluzionata: ho scoperto Filosofia, al liceo. Mi ha conquistata talmente tanto che ho scelto di prendere la laurea triennale. Già allora mi appassionava il tema del linguaggio, tanto che ho scritto una tesi sulla Parola.
Dopo, ho scelto di aggiustare il tiro definendo meglio la rotta: mi sono specializzata in Semiotica, che all’Università di Bologna è considerata una delle due strade di Scienze della Comunicazione.
Ho frequentato vari corsi in Social Media Marketing a Milano, grafica pubblicitaria, web design e lavorato come copywriter in varie agenzie di comunicazione. Il resto lo leggete su LinkedIn.  🙂

Quand’è nata la tua passione per il web? E quella per il digital marketing?
A dire il vero io non amo il web.  🙂  Non tutto. Amo il fatto che il web ha reso la scrittura un’esperienza di dominio pubblico, un’esigenza comune e condivisa. Tutti adesso scrivono, tutti esprimono i propri pensieri tramite una tastiera e ormai moltissimi hanno un blog.
Il sito web è una vetrina nella quale ognuno può disegnare il proprio mondo, definendolo nei dettagli. Io amo la perfezione dei dettagli. Del digital marketing mi piace proprio questo: la possibilità di perfezionare ciò che l’immaginazione ha creato, di dare visibilità ai piccoli orti nascosti, di dare forma e notorietà alle ispirazioni più feconde.

Mi incuriosisce il fatto che tu abbia studiato la semiotica. In che modo la semiotica può dare un contributo per render più efficace la comunicazione sul web? So anche che esiste una semiotica pubblicitaria, dico bene?
Intanto vorrei precisare che cosa non è la Semiotica, prendendo spunto da alcune scene ironiche a cui mi è capitato di assistere nel corso degli anni. “Semiotica? Complimenti, allora tu conosci il significato segreto delle parole!”, oppure: “Cavolo, allora tu sai tutto quello che io adesso sto pensando!”. No, non psicanalizzo le persone per sapere che cosa c’è nel loro inconscio, non ho mai studiato etimologia e non godo di poteri paranormali.
La Semiotica è un campo di studi molto affascinante. Se il Senso è una mela, la Semiotica è un coltello. Lo analizza e lo apre in due, capendo come è strutturato e come emerge attraverso la combinazione di due metà complementari: l’espressione e il contenuto. Quando un’espressione vola verso un significato, allora si crea il senso. E ciò può avvenire in un’immagine, in una frase, nella scena di un film, in uno spot pubblicitario che integra diversi canali comunicativi e addirittura in un negozio d’abbigliamento, dove la disposizione stessa degli elementi parla del brand.
Il web è un linguaggio multimediale, formato una pluralità di sistemi semiotici. In questo luogo sincretico, ci sono quindi significati aggiuntivi che si creano con la combinazione tra testo verbale, visivo e sonoro, che non sono semplicemente la somma tra i tre, così come il “prodotto” di una reazione chimica è diverso dai suoi “reagenti”. Saper giocare sapientemente con questi elementi è importante. Il web, inoltre, è uno spazio di interazioni. Questo significa che bisogna saper scegliere la propria strategia enunciativa nell’interagire con gli altri. Una retorica non futile.
E poi hai ragione, Alessandro: esiste anche una semiotica della pubblicità. Nella lingua “tutto è negazione”: le parole non hanno un significato positivo, ma esso si determina solo in opposizione a quello delle altre. Ad esempio, in italiano “bambino”, “fanciullo” e “ragazzo” hanno tre significati diversi che si differenziano l’uno in base all’altro, mentre in latino esiste solo puer che li include tutti.
Ogni parola significante taglia lo spazio delle altre, ricavandosi il proprio. Lo stesso accade con i brand, il cui valore coincide esattamente con il loro valore semiotico, ovvero con ciò che li rende unici e diversi dagli altri.

Parliamo ora di contenuti sul web. Qual è la tua definizione di contenuti di qualità?
Per me i contenuti di qualità sono quelli per cui ti viene voglia di prendere il primo volo e partire, quelli che generano ispirazione, quelli che suscitano emozione e senso di appartenenza. Credo che nella loro definizione ci voglia anche il concetto di originalità: i contenuti di qualità devono essere unici o possedere un valore aggiunto. Devono dire qualcosa di nuovo, qualcosa che diventi indispensabile per chi lo legge.
E per piacere: grammatica e sintassi al primo posto, grazie.

Quali sono, a tuo modo di vedere, le qualità principali che deve possedere un bravo web writer?
Un bravo web writer per me deve creare dipendenza. Le sue qualità principali sono la scrittura mordace, l’utilizzo del metodo della piramide rovesciata e la sincerità: non deve mai promettere nel titolo qualcosa che non può mantenere. La fiducia che si instaura tra un lettore e il suo web writer è un elemento fondamentale ed è possibile solo attraverso una via di sincerità.

Ammettiamo che io sia il direttore marketing di un brand che debba aprire una propria fan page su Facebook. Mi daresti qualche consiglio sugli errori di gestione del profilo che devo assolutamente evitare?
Queste sono le cose che non devi mai fare:
1. Aprire un profilo anziché una Pagina;
2. Dimenticare di curare dettagliatamente l’identità, nelle Informazioni e nella linea generale della Pagina;
3. Non avere prospettiva e andare a “casaccio”: chiediti sempre chi vuoi essere e a chi stai parlando;
4. Pensare che i fan debbano per forza essere interessati, senza fare di tutto per renderti interessante.

Facebook non è l’unico social network che può aiutare le aziende nel fare social media marketing. Molto usato è anche LinkedIn. Facciamo finta che io sia ancora il direttore marketing di prima e che voglia stavolta aprire un account aziendale proprio su LinkedIn. Che suggerimenti mi daresti per sfruttarlo come si deve?
Bene, ottima scelta, ti direi. LinkedIn usa un linguaggio meno colloquiale di Facebook, per cui ti suggerirei di modulare il linguaggio adattandolo ad un social-mood più “serio”. Condividi contenuti e aggiornamenti, non fare l’errore di lasciarlo disabitato. Inoltre, ti raccomanderei una comunicazione integrata della tua brand identity e brand image. Ricordati sempre chi sei, da chi vuoi essere ascoltato e in quale contesto parli.

Secondo te, i social network possono diventare il nuovo customer care delle aziende?
Secondo me in qualche modo lo sono già. I social network sono quell’ambiente in cui l’utente si sente coccolato, in cui l’azienda gli dà del tu e si rivolge ai suoi bisogni rendendosi disponibile alla soluzione immediata del suo problema. È il luogo in cui le aziende dialogano per messaggio personalizzato. I social network in questo senso sono già un luogo di “responsabilità”.

A tuo giudizio, quali competenze deve avere un bravo community manager?
Un bravo community manager deve saper fare mille mestieri in uno:
1. Il gommista: ovvero scegliere la comunicazione adatta al tipo di strada;
2. Il pizzaiolo: saper programmare il lavoro ma essere costantemente sul pezzo;
3. La stripper: saper variare i contenuti, sorprendere, divertire, coinvolgere e al contempo creare fiducia nell’utente;
4. Il traduttore: conoscere e trattare qualsiasi linguaggio e argomento;
5. Il mentalista: riuscire a colpire e a rendere partecipi i lurkers;
6. Il Cupido: ottenere il Lovemark, ovvero creare un rapporto profondo e altamente emotivo con i propri utenti, dove la forte immedesimazione porta all’innamoramento per il brand.

Ti faccio una domanda un po’ scomoda. D’altro canto, la situazione di cui parlerò rispecchia la realtà di tantissime PMI italiane. Da direttore marketing di un brand mi trasformo ora nel titolare di una PMI. La situazione è questa: ho capito che i social media possono dare una mano al mio business, ma non ho certo a disposizione il budget di un brand. Puoi consigliarmi comunque una linea d’intervento per dare visibilità alla mia azienda?
Certo: sono qui per questo.  😉  In generale, consiglio di puntare sui social, scegliendo il canale adatto: Facebook non può mancare se sei un B2C, LinkedIn specialmente se sei un B2B, Twitter se riesci a legarti facilmente a degli #hashtag utili, ma possibilmente è bene essere presente ovunque.
I contest su Facebook sono il modo migliore per coinvolgere gli utenti e qui le Adv a pagamento sono veramente accessibili. Consiglio di legarti a influencer, blogger o portali della tua nicchia. Poi, una buona attività di SEO di base. Un buon video che crei una certa viralità. Una comunicazione ben studiata, che si ponga la domanda: chi sono e a chi voglio parlare? E il gioco è fatto. E non rinunciare mai alla motivazione, al tuo credo, alla consapevolezza che ciò che fai è unico.

Siamo in dirittura d’arrivo di questa intervista. Quali sono i tuoi progetti a breve termine? E quelli sul lungo periodo?
Grazie Alessandro per la tua generosità. A breve termine ho intenzione di aprire un blog: www.ShodoBlog.it, che tratterà di scrittura, comunicazione, semiotica e social media. Che cos’è Shodō? Shodō (書道) significa letteralmente “via della scrittura” ed è il nome dell’arte giapponese della calligrafia. Ho una forte passione per il Giappone e anche la mia pagina Facebook Karatemania, dedicata al karate, che pratico da dieci anni, denota questa mia tendenza alla japan-addiction.
Per tornare alla tua domanda, penso che nel breve termine mi dedicherò all’apertura del blog.
Nel lungo termine, invece, spero di realizzarmi sempre più, dal punto di vista professionale e non solo. Posso dirti, sinceramente, che incrocio le dita affinché i miei sogni si realizzino.

Ringrazio Silvia Sacchetti per il tempo che mi ha dedicato. Beh, che aggiungere? Le faccio un grande in bocca al lupo per la sua carriera lavorativa e, se posso permettermi, sono davvero curioso di visitare il suo blog, una volta che sarà online!

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