Al giorno d’oggi si parla tanto di imprese, imprenditori e imprenditoria. Succede perché Internet ha abbattuto tante barriere, soprattutto in termini di costi. Quindi, più o meno chiunque può oggi permettersi di aprire un business online. Più o meno chiunque può tentare di diventare un imprenditore digitale e aspirare al successo.
Ecco, avviare un proprio business è relativamente facile, specialmente se lo paragoniamo agli sforzi necessari fino a qualche anno fa. Però, far prosperare un business digitale è tutto un altro paio di maniche. Vincere le sfide sul mercato è rimasto un compito difficile. Ed è qui che entra in gioco il libro di Daniel Priestley, Le 24 chiavi della crescita (lo puoi trovare anche su Amazon.it).
Quali sono i consigli per progettare un business che funzioni (nel mondo fisico o sul web)? La risposta di Priestley è netta: il profitto viene dagli asset. La tua azienda ha degli asset? Bene, allora è in grado di creare valore per i clienti e ricchezza per te. La tua azienda non ha asset? Male, allora non vale nulla per i clienti e ti porterà solo a fallire lasciando un mucchio di debiti.
Ma che cos’è un asset? La definizione dell’autore è la seguente: un asset è “qualunque cosa che renda unica la tua azienda e che sia capace di continuare a generare valore anche in assenza di una particolare persona“. Per esempio, un business blog è un asset per un’azienda. Lo è anche un podcast o l’aver previsto una strategia per il marketing. Avere un sistema di acquisizione clienti sempre attivo significa possedere un altro asset.
Perché gli asset sono così importanti nel mondo degli affari? Prima di tutto, perché generano valore. E si sa: più un’azienda genera valore, più vende e più guadagna. Inoltre, gli asset rendono l’azienda indipendente dalle persone che ci lavorano, in primis dal suo proprietario. Anche questo è fondamentale. In effetti, molte imprese risultano in pratica inseparabili dall’imprenditore che le ha fondate: se lui ha un banale raffreddore, la società si blocca. Quale investitore vorrà mai puntare su una simile impresa? E se il fondatore volesse venderla, chi mai l’acquisterebbe, sapendo che con il fondatore se ne va l’unico asset aziendale?
Priestley individua ventiquattro asset diversi. Nello specifico, individua asset di proprietà intellettuale, di brand, di mercato, di prodotto, di sistema, culturali e finanziari. Le aziende di grande successo sono forti in tutti e ventiquattro gli asset. Nella seconda parte del libro, l’autore ci spiega poi come possiamo creare quegli asset anche per la nostra attività.
Una cosa del libro che mi è piaciuta particolarmente? La riflessione che Priestley fa sul reddito passivo, un vero e proprio mito per chi si avvicina con ingenuità ai business digitali. Ecco la sua opinione: “È l’idea più dannosa che io abbia mai visto per chi voglia creare ricchezza. Assorbe la vita delle persone e le porta a sprecare tempo, denaro ed energie in cose che non producono risultati, cioè proprio l’opposto di quello che si aspetterebbero di ottenere. L’idea del reddito passivo mi sembra una versione moderna della storia della pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno, e credo che sia altrettanto leggendaria (…) In realtà, la maggior parte del reddito passivo è reddito differito. Facendo qualche calcolo di quanto lavoro non pagato queste attività richiedono, e dei rischi rispetto ai guadagni che si riceveranno, questo tipo di reddito non ha niente di passivo. Sarebbe come se un datore di lavoro chiedesse a un dipendente di lavorare per un anno e lo pagasse in differita durante i cinque anni successivi”.
Insomma: se sei tra quanti cercano un successo facile, sappi che la scorciatoia non esiste. Fare l’imprenditore, online così come nel mondo fisico, è un lavoro faticoso, che richiede grande impegno e dedizione. La bacchetta magica non c’è. L’unica via per prosperare è quella di dotare il tuo business o la tua azienda di asset.
Che dire in conclusione di un libro come Le 24 chiavi della crescita (lo puoi acquistare anche su Amazon.it)? Il saggio è senz’altro interessante. Ci aiuta a prendere consapevolezza del fatto che possiamo stare sul mercato solo se creiamo qualcosa che è percepita come un valore, che ci piace fare e che sia commercialmente sostenibile. Non è una riflessione così scontata, viste quante aziende falliscono ogni giorno. La grande utilità del saggio sta poi nell’individuazione dei ventiquattro asset, cosa che ci permette di comprendere in quali direzioni muoverci per dare fondamenta solide al nostro progetto imprenditoriale. Qualunque esso sia.
Questo post che è una recensione del libro Le 24 chiavi della crescita di Daniel Priestley è stata scritta da Alessandro Scuratti, content marketing specialist e business blogger.
Da più di 20 anni mi occupo di comunicazione per le aziende, come business writer e come content marketer. Dal 2011, gestisco questo blog, che raccoglie migliaia di visite ogni giorno. Sono anche l’autore di Scrivere per il web 2.0.
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