Ripasso del modo indicativo (seconda parte)

modo indicativoEccoci alla seconda puntata di questo nostro ripasso del modo indicativo. La prima – dedicata agli aspetti generali del modo indicativo e al tempo verbale presente – la trovate a questo link: il modo indicativo. La terza e ultima parte sarà pubblicata il prossimo 24 giugno.

Se siete particolarmente interessati ad argomenti grammaticali di questo tipo, vi segnalo che, in passato, ho scritto post anche sulle regole d’uso dei seguenti modi della lingua italiana: il congiuntivo, il condizionale, l’imperativo, l’infinito e il gerundio.

Il ripasso di oggi riguarderà questi tempi verbali: l’indicativo imperfetto, l’indicativo passato remoto e l’indicativo passato prossimo. Non perdiamo nemmeno un istante: andiamo subito a parlare di questi tre tempi e delle loro regole d’uso nella grammatica della lingua italiana.

 

L’indicativo imperfetto

L’indicativo imperfetto è un tempo verbale che indica un’azione passata considerandola nel momento del suo svolgimento. In pratica, l’imperfetto esprime, per così dire, la durata di un’azione nel passato.

Il termine imperfetto deriva dal latino imperficere, che significa “non portare interamente a compimento”. In effetti, l’imperfetto non ci presenta un’azione compiuta – come per esempio fa invece il passato remoto –, ma un’azione passata nel suo sviluppo, e pertanto non ancora compiuta.

L’indicativo imperfetto è un tempo verbale che si usa nei seguenti casi:

  • Nelle narrazioni. Per esempio: “C’era una volta…”.
  • Nelle descrizioni: “La donna era ancora giovane e di bell’aspetto, e vestiva in maniera elegante”.
  • Quando si deve indicare un’azione che si ripeteva in modo abituale nel passato. Un esempio: “Quando andavo a scuola, studiavo spesso la grammatica, perché avevo difficoltà in italiano”.
  • Per sostituire il condizionale presente o passato in alcune situazioni della lingua parlata. Due esempi: “Volevo dire una cosa” (anziché “vorrei”), “Potevo alzare la mano, ma non ho avuto il coraggio” (anziché “avrei potuto”). Questo uso è però scorretto se si desidera seguire in modo preciso la grammatica italiana.
  • Per sostituire il congiuntivo e il condizionale del periodo ipotetico della irrealtà nella lingua parlata. Un esempio: “Se studiavo di più non mi bocciavano” (anziché: “Se avessi studiato di più non mi avrebbero bocciato”). Anche questo uso dell’imperfetto è scorretto, se si sta alle regole della grammatica della lingua italiana.

 

L’indicativo passato remoto

Il tempo verbale passato remoto indica un evento avvenuto nel passato, considerandolo oramai concluso – cioè senza alcuna ripercussione sul presente –, e indipendentemente dalla sua durata. Per esempio: “Passai le vacanze estive di cinque anni fa in Valcamonica”.

Nell’italiano parlato – e spesso anche in quello scritto –, il passato remoto sta venendo sostituito sempre più spesso dal passato prossimo. Questa tendenza si manifesta soprattutto nei dialetti dell’Italia settentrionale, anche se si sta gradualmente allargando a tutto il resto del Paese.

Questo tipo di sostituzione rappresenta però un vero e proprio errore di grammatica. A tal riguardo, si veda questo mio vecchio post sui legami tra passato remoto e passato prossimo. Per dirla in poche parole: entrambi i tempi verbali indicano un’azione passata , ma il passato prossimo indica un fatto che ha ancora una qualche influenza sul presente. Invece, il fatto indicato dal passato remoto si è completamente esaurito nel passato: non ha alcuna influenza sull’oggi.

 

L’indicativo passato prossimo

Il tempo verbale passato prossimo indica un fatto accaduto nel recente passato oppure – distinzione ancor più precisa – un fatto passato che però ha ancora effetti sul presente a giudizio di chi parla o scrive. Facciamo due esempi relativi ai due usi del passato prossimo. La frase “Mario è uscito cinque minuti fa” indica un’azione recente. Invece, la frase “Le opere di Alessandro Manzoni sono state importanti nella storia della letteratura italiana” indica un fatto passato che continua a valere, ad aver significato ancor oggi.

Il passato prossimo è spesso usato anche come tempo verbale relativo in relazione con un altro tempo passato. Un esempio: “Quando lo ha letto, è scoppiata a ridere”. Oppure si usa, nel parlato, in relazione con un tempo presente: “Appena ho finito di studiare grammatica, andiamo a giocare a pallone”. In questo secondo caso, sarebbe però più corretto usare i tempi verbali futuro anteriore (“avrò finito”) e futuro semplice (“andremo”).

 

Questo è quanto si può dire sulle regole grammaticali che normano l’uso dell’indicativo imperfetto, passato remoto e passato prossimo nella lingua italiana. Nella prossima parte di questo ripasso dedicato al modo indicativo, vedremo gli ultimi quattro tempi verbali rimasti: l’indicativo trapassato prossimo, l’indicativo trapassato remoto, l’indicativo futuro semplice e l’indicativo futuro anteriore. Appuntamento al 24 giugno!  🙂

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