L’imperativo e le sue regole nella grammatica italiana

imperativoIl modo imperativo è parecchio adoperato nella lingua italiana. Perciò, dopo avervi parlato delle regole del congiuntivo e di quelle del condizionale, oggi faremo un ripasso delle norme d’uso del modo imperativo secondo le regole della grammatica italiana. Siete pronti a tornare sui banchi di scuola per qualche minuto e studiare ancora un po’ i verbi?  🙂

Ma quando e perché si usa l’imperativo? Quali sono i significati del suo uso nella grammatica della nostra lingua? Partiamo dal dire che l’imperativo è il modo verbale che serve a chi ne fa uso per esprimere un comando, un ordine, un deciso suggerimento, un caldo invito, un fermo divieto, un’istruzione importante. Un paio di esempi di imperativo: “Vieni qua e inizia a studiare”, “Sii disciplinato: studia bene la grammatica e verrai promosso a scuola in italiano!”.

Perché il modo imperativo si chiama così? Il suo nome deriva dal verbo latino imperare, che significa comandare. L’imperativus modus era infatti il modo del verbo che esprimeva un comando, un ordine, un… imperativo!

Prima di proseguire, una curiosità. Nella grammatica italiana, contrariamente a quanto succede ai modi congiuntivo e condizionale, l’imperativo ha un solo tempo verbale: il presente. Andiamo ora a studiarne le caratteristiche e le regole d’uso grammaticali.

 

L’imperativo presente nella grammatica italiana

imperativoCome ho detto, il modo imperativo ha un solo tempo verbale secondo la grammatica della lingua italiana. Questo tempo è il presente. Perché l’imperativo ha quell’unico tempo? Per una questione logica: non è possibile dare ordini per il passato.

Inoltre, il modo imperativo ha forme codificate solo per le seconde persone, sia singolari che plurali. Come mai? Innanzitutto, perché non esiste l’imperativo per la prima persona singolare: non ha infatti alcun senso logico esprimere un comando o un ordine in prima persona a se stessi. Per le altre tre persone rimanenti – e cioè per la terza singolare e per la prima e la terza persona plurali – si adoperano per esprimere l’imperativo le corrispondenti forme del congiuntivo presente (il cosiddetto “congiuntivo esortativo”). Facciamo qualche esempio: “Entri pure!”, “Coraggio, rimaniamo tutti uniti!”, “Vengano, signore, vengano!”.

Il modo imperativo non ha il tempo futuro. E anche questo ha una ragione prettamente logica. Abbiamo infatti detto che l’imperativo esprime un ordine, un comando, una esortazione. Ma un comando è qualcosa di per sé sempre rivolto al futuro. Comandare che si faccia qualcosa significa che quella cosa sarà fatta in futuro, vicino o lontano che sia quel futuro. Perciò l’imperativo presente vale già di suo come un tempo futuro.

 

Il modo imperativo: le sue regole d’uso in grammatica

Si possono dire varie cose sul modo di usare l’imperativo stabilito dalla grammatica della lingua italiana. Vediamo le osservazioni grammaticali più significative e utili:

  • Abbiamo detto di come l’imperativo abbia, in un certo senso, il valore di un futuro. In qualche caso, l’imperativo può esprimere un comando destinato a essere eseguito a distanza di tempo oppure un ordine a cui obbedire non solo subito, ma per un dato periodo temporale. In queste occasioni, si può usare l’indicativo futuro semplice: “Ti farai trovare fuori da scuola martedì, alle 13:00”, “Rimarrete a casa a studiare fino a sera, e per uscire attenderete il mio permesso!”.
  • Il tempo indicativo futuro semplice serve anche a esprimere un imperativo in forma mitigata: “Completerete gli esercizi di grammatica per mercoledì prossimo”.
  • Spesso, per suggerire con fermezza un comportamento da tenere a una o più persone – è il caso per esempio delle indicazioni per le norme d’uso di un prodotto – si adopera l’infinito. In queste situazioni, l’infinito assume il valore di una specie di imperativo impersonale. Un paio di esempi: “Assumere lontano dai pasti”, “Conservare in luogo fresco e asciutto”.
  • Nella seconda persona singolare, l’imperativo negativo – che assume il valore di un divieto o di una proibizione – si costruisce attraverso l’avverbio non seguito dall’infinito: “Non mangiare troppo!”. E per le altre persone? In quei casi, si adoperano l’imperativo o il congiuntivo esortativo preceduti anche qui dall’avverbio non. Per esempio: “Non si muova!”, “Non facciamolo più!”, Non studiate a caso!”, “Poi non vengano a scusarsi!”.
  • Esiste anche un imperativo in forma passiva. Nella seconda persona, singolare o plurale, è adoperato solo in contesti marcatamente letterari: “Siate valorosi e indomiti!”. In contesti più familiari, è però spesso sostituito da una perifrasi con i verbi servili: “Possiate essere valorosi e indomiti!”. La perifrasi finisce per dare alla frase una sfumatura leggermente diversa, ma tant’è. In alternativa, si ricorre anche a una perifrasi con verbi come farsi e lasciarsi: “Lasciati vedere”, “Fatevi supportare come si deve!”.
  • Il modo imperativo è molto diffuso, sia nella scrittura che nel parlato. Una delle ragioni di tale diffusione è che l’imperativo è piuttosto pratico. In effetti, questo modo verbale consente di esprimere un ordine o una richiesta in forma sintetica, veloce, chiara. Però, capita che talvolta l’imperativo assuma un tono un po’ troppo perentorio, inadatto ad alcuni contesti relazionali. Per ovviare a ciò si cercano scappatoie linguistiche o comunicative che smorzino la durezza dell’imperativo. Insomma: si ricorre a costruzioni meno dirette e sintetiche dell’imperativo, ma più cortesi. Quali? Per esempio, si può trasformare un ordine in un invito usando, assieme all’imperativo, espressioni di cortesia come per favore, per piacere, se non disturbo, se non ti dispiace, ti prego ecc.. Un altro modo di ridurre la carica aggressiva dell’imperativo è quella di far precedere il comando o la richiesta da formule come ti spiace, ti spiacerebbe, ti sarebbe possibile ecc. Oppure si possono usare i verbi servili potere, dovere, volere (“Dovresti studiare di più”, “Potresti impegnarti di più a scuola”). Un ultimo trucco per aggirare la durezza dell’imperativo è quello di sostituirlo con il condizionale presente inserito in una frase interrogativa: “Mi passeresti il tuo libro?”.

 

Una curiosità legata al web, visto che siamo su un blog che parla di comunicazione online. Tempo fa, ho dedicato un articolo alle valutazioni che dovrebbe fare un webmaster quando si trova a scegliere se usare l’imperativo o l’infinito nelle istruzioni operative per i clienti che fanno un acquisto su un sito di e-commerce.

 

Il modo imperativo nella grammatica italiana: conclusioni

Questo è più o meno tutto ciò che si può dire sull’uso del modo imperativo nella lingua italiana e sulle sue regole grammaticali. È stato come tornare a scuola per qualche minuto, vero?  🙂

Conoscevi già tutte queste norme che riguardano l’imperativo? La grammatica della nostra lingua prevede delle regole d’uso piuttosto complesse, non ti pare? Lascia un commento e condividi con noi i tuoi pensieri e le tue esperienze d’uso del modo imperativo nella lingua italiana scritta e parlata!

Un pensiero su “L’imperativo e le sue regole nella grammatica italiana

  1. Vincenzo

    Salve, desidero che mi risolviate il seguente dubbio, è corretto scrivere :
    1) Voglio che tu prenda quell’astuccio.
    2) Voglio che tu prendi quell’astuccio.
    Credo che la forma corretta sia la prima. Ma mi è sorto questo dubbio perché la seconda persona singolare dell’imperativo del verbo prendere è ‘prendi’, quindi mi domando se è corretto scrivere anche ‘Voglio che tu prendi’. Grazie.

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