Il congiuntivo, croce e delizia della lingua italiana. Delizia perché è un modo verbale che arricchisce le possibilità espressive della nostra lingua. Croce perché sono pochissimi gli Italiani che sanno usare il congiuntivo con padronanza.
Tu come te la cavi con il modo congiuntivo? Questo post ti dà la possibilità di ripassare velocemente le sue regole, verificando se ti ricordi quali sono. Un ripasso è sempre utile, a chiunque. Anche perché il congiuntivo si adopera spesso in casi particolari. Quindi, rileggere di tanto in tanto le sue norme d’uso non può far altro che bene!
Iniziamo col dire che il congiuntivo è il modo verbale della possibilità, dell’incertezza, del dubbio. In questo senso, il congiuntivo si contrappone all’indicativo, che è invece il modo della certezza, dell’obiettività. Il congiuntivo è pertanto il modo della soggettività e indica che l’evento presentato nella frase non è certo o reale, ma è anzi incerto, ipotizzabile, dubbio, desiderabile, possibile, verosimile, sperato oppure temuto.
Prima di procedere oltre nella spiegazione del modo congiuntivo, do due definizioni. Si definisce proposizione principale (o indipendente) di una frase l’unica proposizione tra quelle che la compongono che potrebbe esistere da sola come frase di senso compiuto. Una proposizione subordinata è invece una proposizione che dipende dalla proposizione principale – o da un’altra subordinata – per mezzo di una congiunzione subordinativa o di un altro elemento di subordinazione.
Facciamo qualche esempio. Consideriamo la frase: “Il congiuntivo è un modo verbale che permette di dare sfumature linguistiche particolari all’italiano”. La proposizione principale è “Il congiuntivo è un modo verbale”. Si tratta infatti di una proposizione che potrebbe stare a sé, perché ha senso compiuto. La proposizione subordinata è invece “Che permette di dare sfumature linguistiche particolari all’italiano”.
Ciò premesso, andiamo a vedere quali sono le regole che ci dicono quando e come usare il modo congiuntivo nella lingua italiana.
Il congiuntivo: quando si usa?
In linea di massima, il congiuntivo si usa soprattutto nelle proposizioni subordinate. Però, non è raro il caso in cui lo si usi anche nelle proposizioni principali. Nelle proposizioni principali, il modo congiuntivo si usa per esprimere:
- Un desiderio o un augurio (congiuntivo ottativo). Per esempio: “Arrivasse subito quell’ora!”, “Fosse almeno bello!”, “Che il Signore ti protegga!”;
- Un dubbio o una supposizione (congiuntivo dubitativo): “Che stia per nevicare?”, “Che il congiuntivo sia un modo verbale a rischio di scomparsa?”.
- Un’esortazione, un invito o un ordine (congiuntivo esortativo): Sii educato: ascoltami solo un minuto”, “Sparisca subito dalla mia vista!”.
- Una concessione (congiuntivo concessivo): “Siano anche antipatici, sono però gli unici amici che abbiamo”.
Come spiegato, il modo congiuntivo è però più frequente nelle proposizioni subordinate. In linea di massima, esso viene usato con i verbi che esprimono dubbio, incertezza, desiderio, augurio, speranza, timore. Il congiuntivo viene cioè adoperato con verbi che rimandano sempre all’opinione personale o alla valutazione soggettiva della persona che scrive o parla. Ecco alcuni esempi di congiuntivo usato in tal senso: “Credo che il congiuntivo sia adoperato poco e male”, “Mi pare che Mario arrivi martedì”, “Ci auguriamo che voi riusciate a essere promossi”.
Il congiuntivo è anche il modo di molte proposizioni subordinate introdotte da elementi come perché, affinché, che, se, benché ecc. In particolare, il modo congiuntivo si usa con queste categorie di subordinate:
- Proposizioni finali: “Ti ho scritto affinché tu mi aiutassi”.
- Proposizioni consecutive: “Bisogna parlare in modo che tutti comprendano”.
- Proposizioni concessive: “Benché sia un modo verbale importante, il congiuntivo è spesso ignorato nell’italiano parlato”.
- Proposizioni temporali: “Vendiamo quelle obbligazioni prima che perdano ulteriore valore”.
- Proposizioni condizionali: “Qualora ci siano difficoltà, dammi un colpo di telefono”.
- Proposizioni comparative: “Tutto è andato meglio di quanto non sperassi”.
Il modo congiuntivo ha quattro tempi verbali: il presente, l’imperfetto, il passato e il trapassato. Però, prima di vedere questi tempi uno a uno, faccio qualche osservazione in generale sul congiuntivo e sul suo uso da parte degli Italiani.
Riflessioni sull’uso del congiuntivo nella lingua italiana
Oggi come oggi, il congiuntivo è in crisi evidente. In effetti, il modo indicativo tenta sempre più di rubargli il posto. Come sempre accade, i misfatti grammaticali peggiori avvengono nella lingua parlata. Per esempio, nel parlato c’è la tendenza a dire: “Mi pare che Mario è andato a scuola” anziché “Mi pare che Mario sia andato a scuola”.
Che il congiuntivo corra il rischio di estinguersi lentamente è un autentico disastro. Perché? Consideriamo queste due frasi: “Penso che non hai mentito” e “Penso che tu non abbia mentito”. La prima esprime certezza: chi parla sa che l’altro non ha mentito. La seconda esprime invece un’opinione personale: non è detto che l’altro sia stato realmente sincero. La differenza tra le due frasi non è una sfumatura, ma è sostanziale. E questa differenza la fa proprio l’uso del congiuntivo!
Ma come mai il congiuntivo è così incalzato dal modo indicativo? Le ragioni sono varie. Innanzitutto, c’è la tendenza a trasportare nell’italiano parlato e scritto alcune strutture dialettali. E in certi dialetti il congiuntivo presente non esiste. Poi, c’è una nota difficoltà da parte di molti Italiani a imparare le forme verbali del congiuntivo, che sono meno semplici e regolari di quelle dell’indicativo.
Insomma: il congiuntivo se la passa abbastanza male. Anche perché, in una lingua, più che le norme grammaticali comanda l’uso. Cioè: l’uso è in grado, col tempo, di cambiare le regole della grammatica!
Per far capire quanto sia grave la progressiva scomparsa del modo congiuntivo, faccio un altro esempio. Consideriamo la frase: “Penso che tu sei felice”. Chi parla o scrive è certo della felicità dell’altro, perché è chiaro che è così. Se invece consideriamo la frase: “Penso che tu sia felice”, chi parla o scrive sta esprimendo un’opinione personale. Magari l’altra persona è in realtà infelice! Queste sfumature, neanche tanto piccole, le può rendere solo il congiuntivo!
Come promesso in precedenza, andiamo ora a parlare dei quattro tempi verbali del modo congiuntivo.
Il congiuntivo presente
Il congiuntivo presente indica un’azione, un fatto, un evento possibili nell’istante in cui si parla o si scrive. Nelle proposizioni principali, il congiuntivo presente è usato per esprimere un dubbio, un augurio o un’ipotesi, spesso attraverso una domanda. Per esempio: “Che sia in ritardo per lo sciopero dei treni?”.
Alla terza persona singolare e alla terza plurale il congiuntivo presente esprime un’esortazione, un invito, un ordine. In questo caso, può sostituire le corrispondenti persone dell’imperativo. Per esempio: “Vada avanti, per favore”, “Si arresti allo stop”, “Accedano per prime le persone con un invito”.
Nelle proposizioni subordinate, il congiuntivo presente si adopera per esprimere la contemporaneità dell’azione in dipendenza di un presente o di un futuro. Un paio di esempi: “Desidero che tu non parta”, “La gente ritiene che il congiuntivo sia un modo verbale sempre più in disuso”.
Un’osservazione. Dato che il congiuntivo non ha il tempo verbale futuro, è proprio il congiuntivo presente a svolgere quella funzione. Quindi, il congiuntivo presente indica non solo la contemporaneità di un’azione, ma anche la sua posterità. Per esempio, “Spero che Maria stia bene” indica una speranza nel presente, mente “Spero che Maria stia presto bene” indica una speranza proiettata nel futuro.
Il congiuntivo imperfetto
Nelle proposizioni principali, il congiuntivo imperfetto indica un fatto, un evento, un’azione, un desiderio o un augurio che è impossibile che si realizzino, che si teme che non si realizzino o che sono soltanto ipotizzabili nel futuro. Alcuni esempi: “Magari fosse la volta buona!”, “Ah, se facessi sei al Superenalotto!”, “Studiasse sempre così!”.
Il congiuntivo imperfetto, in una proposizione principale, può esprimere anche un dubbio legato a un evento successo in passato: “Che dicesse la verità?”.
Nelle proposizioni subordinate, invece, il congiuntivo imperfetto indica la contemporaneità o la posterità rispetto a un tempo presente o passato della proposizione principale. Ecco un paio di esempi: “Mi pare che un anno fa fosse più in salute”, “Mi sembra che giocasse nell’Inter”.
Il congiuntivo imperfetto si adopera anche nelle proposizioni subordinate a una principale che ha il verbo al condizionale presente o passato, per esprimere un evento contemporaneo o futuro rispetto a quello della principale. Per esempio: “Sarebbe meglio che Mario facesse più sport”, “Avrei voluto che tu imparassi a usare bene il congiuntivo, ma tu non ti applichi nello studio”.
Inoltre, il congiuntivo imperfetto trova spazio nelle:
- Protasi del periodo ipotetico della possibilità. Per esempio: “Se tu leggessi di più, potresti ampliare la tua cultura”.
- Protasi del periodo ipotetico dell’irrealtà. Per esempio: “Se tu fossi più sensibile, capiresti meglio le difficoltà di tua sorella”.
Il congiuntivo passato
Il congiuntivo passato serve a indicare un dubbio o una possibilità riferiti al passato ed espressi in linea generale sotto forma di domanda. Per esempio: “Mario ha migliorato i suoi a scuola: che abbia capito l’importanza dello studio?”.
Il congiuntivo passato, nelle proposizioni subordinate, serve a esprimere anteriorità rispetto a un presente o a un futuro della proposizione principale. Alcuni esempi: “Credo che Mario sia arrivato ieri”, “Maria penserà che tu non le abbia voluto più credere”.
Il congiuntivo trapassato
Il congiuntivo trapassato serve a indicare una possibilità o un desiderio passati che non si sono avverati. Per esempio: “Se avesse avuto più pazienza!”.
Il congiuntivo trapassato è adoperato anche nelle proposizioni subordinate, per esprimere anteriorità rispetto a un tempo passato della proposizione principale: “Speravo che tu avessi studiato meglio l’uso del congiuntivo nella lingua italiana”.
Il congiuntivo trapassato trova spazio anche nelle proposizioni che dipendono da una proposizione principale con il verbo al condizionale presente o passato, per esprimere un’azione che si sarebbe potuta verificare nel passato ma che invece non è successa. Un esempio: “Vorrei tanto che avesse capito l’importanza dello studio”.
Il congiuntivo trapassato ha inoltre un uso nelle protasi del periodo ipotetico dell’irrealtà proiettato nel passato: “Se avesse ascoltato le nostre parole, ora non sarebbe in quella situazione”.
Il congiuntivo: alcune osservazioni finali
Prima di chiudere, vorrei segnalarvi una pagina di Facebook dedicata a chi ama la scrittura che fa uso di un italiano preciso e forbito. Si tratta della divertente Aspettando il giorno in cui il congiuntivo tornerà di moda. Vale la pena visitarla ogni tanto, per vedere di quali scempi sia oggetto la nostra cara lingua italiana. Non è però indicata ai cosiddetti grammar nazi, cioè alle persone che si arrabbiano alla morte con chi storpia l’italiano. 🙂
Ecco, questo è quello che si può dire sul modo congiuntivo e sulle sue regole. Conoscevi già tutte queste norme d’uso? Sei una persona che adopera il congiuntivo correttamente, sia nella lingua parlata che nella scrittura? Anche tu pensi che il congiuntivo un giorno sparirà? Anche tu lo verresti difendere a oltranza? Lascia un commento e condividi con noi quello che pensi dell’uso del modo congiuntivo nella lingua italiana!
Sarebbe utile che questo articolo lo leggessero in molti… l’intento di salvare il congiuntivo diffondendone le regole d’uso è davvero lodevole. Spero sortisca l’effetto che ci auguriamo 🙂
Dubito che tornerà di moda: sempre che lo sia mai stato 😀
Mi sembra che – per le esigenze comunicative quotidiane – sia fondamentalmente di troppo. Quelle sfumature che lo distinguono dall’indicativo forse sono troppo sottili per essere rilevanti per la maggior parte di coloro che usano una lingua.
Forse il congiuntivo rimarrà e segnerà, come una firma, il modo di parlare degli intellettuali, delle persone di scienza e di lettere. E continuerà anche ad adornare la retorica parlamentare e i documenti della burocrazia 🙂
Temo che il congiuntivo sparisca, e che non torni di moda. Forse non è mai stato di moda, e sicuramente non è mai stato diffuso: ancora un secolo fa solo una piccola minoranza di persone colte lo usava, mentre la massa del popolo parlava in dialetto. Anche se può sembrare una battaglia perduta, continuerò a parlarlo ed a difenderlo, come continuerò a coltivare il latino. Non penso che il congiuntivo possa continuare ad adornare la retorica parlamentare e i documenti della burocrazia: quelle sono il regno dell’incultura, e degli errori grammaticali e sintattici.
Ciao Guido,
Concordo con te da alfa a omega. Perdere il congiuntivo comporterebbe un impoverimento della lingua italiana. Speriamo che non accada. Continuiamo a usarlo e, così facendo, a difenderlo!
…in ogni caso meno parole significa meno significati, meno pensieri, e meno civiltà!
Sono perfettamente d’accordo. Grazie del tuo contributo.
Ciao!, ho un dubbio!! come si usa il congiunivo in questa frase?: Com´è possibile che i ragazzi (PARTIRE) domani? Pensavo che (PARTIRE) martedì scorso!
Grazie mille!!
Ciao Lorna, ecco: “Com’è possibile che i ragazzi partano domani? Pensavo che fossero partiti martedì scorso!”.
buongiorno: stamani in radio ho ascoltato questra frase: “per passare l’esame che studiassero bene”, rivolta agli studenti. A me suona male… ma è corretta? Grazie.
L’uso esortativo del congiuntivo imperfetto al posto di quello presente (“che studino bene!”) è regionale. Lo si trova soprattutto nel centro e nel sud Italia. Viene tollerato, perché si sta diffondendo sempre più a livello nazionale. Adoperando il congiuntivo presente si è comunque certi di usare, almeno per un altro po’, la formula tuttora preferita dalle grammatiche.