Sei uno specialista nel tuo settore? O meglio: i clienti ti percepiscono come uno specialista del tuo settore? Ti faccio questa domanda perché, oggi come oggi, essere generalisti non paga più. Non paga più nel B2C, ma nemmeno nel B2B. Non paga se sei una microimpresa, ma nemmeno se sei una multinazionale. Non paga se vendi prodotti, ma nemmeno se vendi servizi.
In un articolo di qualche tempo fa, richiamavo l’attenzione sul fatto che ogni azienda deve avere un’identità. Questo è vero anche per i liberi professionisti. Imprese e consulenti devono cioè farsi percepire dai clienti in un modo specifico. Per riuscirci, devono trasmettere l’idea di essere degli specialisti in ciò che fanno.
Tutti i più grandi studiosi di business e marketing degli ultimi decenni, da Peter Drucker a Michael Porter, da Jack Trout ad Al Ries, picchiano duro su questo. Le imprese focalizzate, cioè specializzate, sono capaci di affrontare il mercato in modo più competitivo e profittevole. Grazie alla focalizzazione, riescono a fare marketing strategico in maniera più efficace. E ciò gli permette di farsi percepire dai consumatori come uniche.
In altre parole: voler fare troppe cose, per accontentare troppi target, è sempre un guaio per un’impresa. Al contrario, concentrarsi su pochi prodotti o servizi, destinati a un pubblico preciso, è sempre un’idea vincente. Soprattutto se quei prodotti o servizi sono ciò che l’azienda sa fare meglio delle altre cose.
Insomma: bisogna rappresentare qualcosa di preciso per la gente. E chi ci riesce? Solo chi si focalizza. Chi invece vuol esser tutto per tutti finisce per non rappresentare niente per nessuno. Questo, più che un segreto del marketing o del business, è banale buon senso.
Nella realtà, purtroppo, la situazione è molto diversa. Osserviamo infatti che le aziende (e i liberi professionisti) cercano di offrire sempre più prodotti e servizi. Tendono ad allargare il raggio d’azione, aggiungendo sempre più prodotti e servizi al proprio catalogo. Perché fanno così? Perché pensano una proposta ampia li faccia arrivare a un pubblico più grande. E questo gli farà trovare nuovi clienti più facilmente, a beneficio del fatturato.
Ma è una strategia corretta? No. Avere un’offerta ampia allarga senz’altro la platea dei potenziali clienti. Questo è vero. Però, il ragionamento nasconde un’insidia velenosa. Che è quella di cui ti ho detto: fare troppe cose espone al pericolo di farsi percepire come generalisti. E chi è un generalista? Uno che non fa bene niente. Una cosa che il pubblico percepisce a pelle.
Dunque, se mettiamo sul piatto della bilancia una proposta ampia e una focalizzata, chi vince? Nel breve periodo la prima. Infatti, se un’azienda butta fuori un prodotto o un servizio dopo l’altro, qualcuno comprerà sicuramente. Anche se la gamma di prodotti o servizi è così ampia da risultare incoerente con il brand dell’azienda. Eppure ci sarà sempre qualcuno, solitamente per curiosità, che comprerà. Almeno per una prova. Però, sul medio e lungo periodo, è la focalizzazione a vincere.
Di più: non solo l’estensione della gamma è perdente nei confronti della focalizzazione, ma produce anche un danno secco al business. Perché gli toglie identità. Infatti, che cosa diventa il brand originario, dopo aver lanciato prodotti lontani dal significato che aveva in origine la sua marca? Te lo dico io: diventa qualcosa che non rappresenta più niente. E che quindi perde clienti invece di trovarli.
Ricapitolando: estendere più o meno a dismisura la gamma ti dà un beneficio nel breve termine. Però, se fai i conti, nel lungo periodo ti penti di aver rinunciato a restare focalizzato.
Quindi, non c’è partita: le aziende focalizzate battono le aziende che estendono l’offerta. Le stracciano proprio. Più le seconde estendono l’offerta, più le prime le battono. C’è una sorta di proporzione aritmetica tra la sconfitta incassata e l’entità dell’estensione di gamma. In effetti, quando un cliente ha un bisogno specifico, che fa? Va da chi è lo specialista del suo problema. Va da un esperto che gli può garantire una soluzione collaudata. Di nuovo: l‘azienda specialista batte quella generalista. Anche perché la generalista ci ha messo del suo per perdere: volendo fare troppe cose, ha finito per non rappresentare più niente per nessuno.
Nei libri dei quattro autori che ho citato, trovi tanti esempi a testimonianza di questo. Sono spesso esempi di aziende che andavano bene e che, a un certo punto, si sono fatte ingolosire. Il loro ragionamento è stato: “Stiamo vendendo il prodotto A per il target B. E gli affari vanno a gonfie vele. Allora perché non lanciare anche i prodotti C, D ed E, che servono i target F, G e H? Sì, sappiamo che C, D ed E non c’entrano nulla con A. Non c’entrano nulla nemmeno tra di loro. Così come i target che andremmo a servire: sono tutti diversi tra loro. Ma la gente sa che siamo bravi a fare A, quindi ci riterrà autorevoli anche nel fare gli altri prodotti”.
Il ragionamento è sbagliato. Si tratta anzi di una presunzione pericolosa. La ragione è ovvia: se sei bravo a fare una cosa, la gente ti riconosce quel merito (soprattutto se sei altrettanto bravo a comunicarlo). Ti riconosce quel merito, mica altri. Punto e stop. Perciò, se ti metti a vendere altro, entri in un campo dove hai tutto da dimostrare (e dove, probabilmente, ci sono già leader affermati). Con l’aggravante che, se sei riconosciuto bravo nel fare una cosa, è difficile che le persone ti riconoscano bravo anche nel fare qualcosa di diverso.
L’effetto che ottieni con l’estensione della gamma è insomma il contrario di quanto ti aspetti. Perché la gente ragiona così: “Ma come? L’azienda X fa benissimo il prodotto A. Ora si mette a fare anche C, D ed E. Questo mi fa pensare che X non è più la specialista di A. Probabilmente, A non lo fa più nemmeno tanto bene, visto che adesso fa tanta altra roba”.
E spesso i clienti hanno ragione nel pensarla così. Infatti, se la tua azienda si defocalizza, inizia a produrre anche altro. Deve quindi togliere risorse a ciò che faceva così bene, per dirottarle verso le nuove produzioni. Il che significa che ciò su cui era forte un tempo perderà qualità. Come vedi, non è solo una questione di percezione nella testa dei clienti. Spesso, il peggioramento è anche una realtà tangibile. E ti fa perdere quote di mercato. È inevitabile.
Oggi come oggi, occorre pensare e agire da specialisti. Bisogna restringere il campo d’azione anziché allargarlo. Perché l’offerta sul mercato è già tanto ampia. Così ampia da confondere i consumatori (e, nel caso del B2B, i decisori aziendali). Solo le aziende che sanno focalizzarsi riescono ad attirare l’attenzione del pubblico. In virtù del fatto che mandano un messaggio specifico, mirato, facile da capire. Un generalista, invece, si presenta in modo confusionario. Perché è costretto a parlare a troppi interlocutori. E la confusione non aiuta la clientela a prendere le decisioni d’acquisto.
Alla fine di questa lunga chiacchierata, ti rifaccio la domanda che ti ho posto in apertura. Sei uno specialista del tuo settore? O meglio: i clienti ti percepiscono come uno specialista del tuo settore? Anzi, meglio ancora: sei “lo” specialista del tuo settore?
Se la tua risposta è no, hai sicuramente un problema. Magari non lo stai scontando ora, ma arriverà il momento in cui ti verrà presentato il conto. È bene che ci pensi da subito, ora che hai ancora tempo per correre ai ripari. Questo vale se hai una microimpresa o se guidi un brand mondiale. Non c’è differenza. Vale anche se sei un libero professionista. Presentarsi come “gli specialisti di” o “lo specialista di” è una strategia che paga sempre sul lungo termine. Di più: essere unici è il modo più corretto di fare business oggi. Soprattutto se operi in un mercato già maturo.
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Questo post sulle aziende che vengono percepite dalla clientela come specialiste nel loro settore (e per questo motivo guadagnano fette di mercato ai danni dei loro concorrenti) è stato scritto da Alessandro Scuratti, content marketing specialist e business blogger.
Da più di 20 anni mi occupo di comunicazione per le aziende, come business writer e come content marketer. Dal 2011, gestisco questo mio blog, che raccoglie migliaia di visite ogni giorno. Sono anche l’autore di Scrivere per il web 2.0.
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